Il Vesuvio, simbolo e mito di Napoli, esplorato e corteggiato nelle famose gouaches della fine del ‘700 e del ‘800, in piena eruzione spesso notturna, ma persino diurna: fiamme, colate e colonne di fumo. Andy Warhol (Pittsburgh, 1928 – New York, 1987) lo riscopre, grazie al famoso gallerista Lucio Amelio (Napoli, 1931 – Napoli, 1994), e lo trasforma in una icona della pop art: il suo Vesuvius, realizzato in acrilico, si rivela quale opera passionale e sentimentale del grande artista statunitense che si era innamorato della Città che sorge ai piedi del ben noto vulcano. Egli arriva a realizzarne ben 18 che vengono esposti in una sua personale al Museo di Capodimonte, ogni tela presenta colori contrastanti e diversi nel voler cogliere le fasi successive di un’eruzione. Un bel giorno un artista napoletano, eclettico e visionario, che si è stabilito nel Borgo d’Arte di Valogno, in provincia di Caserta, uomo vulcanico ed effervescente, costituito egli stesso dalla lava del Vesuvio, sente l’impulso primordiale a dipingere il famoso vulcano che affascinò, tra gli altri, il famoso pensatore universale Johann Wolfgang von Goethe (Francoforte sul Meno, 1749 – Weimar, 1832). Alfredo Troise riesce ad andare oltre Warhol e i suggestivi vedutisti napoletani del ‘800: il suo Vesuvio è profondamente vero e respira, non conserva l’eleganza della linea del Vesuvius rappresentato e amato da Warhol, non è l’immagine da cartolina o pubblicitaria che rammenta il fumetto, non è il cono svettante sul magnifico golfo partenopeo, fumante, eruttante, minaccioso, ma pur sempre romantico, che apparteneva alla fantasia del grand tour. Il Vesuvio di Alfredo Troise è sovraumano, divino ed esplicitamente, scandalosamente umano: materializza la sensazione di una notte di capodanno a Napoli con i fuochi d’artificio, notte in cui attraversi la Città e pensi che tutto, da un momento all’altro, potrebbe saltare in aria e precipitarti addosso! Efesto dalla potenza e dalla forza ancestrale, nella fucina dove forgia le armi degli eroi greci, follemente innamorato di Afrodite, si è dato alla pazza gioia e lavora instancabile, senza prendere riposo, provocando, con il suo martello, magiche scintille che si perdono nell’immensità del cielo; Zeus volubile, potrebbe essere infuriato o felice e ha, in ogni caso, scatenato l’inferno delle meraviglie sulla nostra Terra. Un tripudio di scintille che ravviva il dolce amore per la vita e per il mare che si stende ai piedi del gigante capriccioso. Un coito di fuoco, tra cielo e terra, destinato a rendere feconda la natura, a seguire la catastrofe dei sensi e dell’anima, e a noi non resta che brindare con il nettare di Dioniso che permette all’allegria di risorgere dalle ceneri. Giuseppe Ussani d’Escobar.